I CELEBRANTI DELLE NOVENE

 notturno giorgioCome e chi poteva celebrare la novena in onore di Santa Maria di Merino, probabilmente non lo sapremo mai. Sappiamo per certo che nel secolo scorso questo privilegio apparteneva soprattutto all'Arciprete (titolo per lo più oggi in disuso e sostituito con il titolo ecclesiastico di Parroco della chiesa Madre.).Per tutta la prima metà del secolo scorso la figura più importante per la chiesa viestana è stata Mons. Luigi Ruggieri, arciprete della parrocchia della Cattedrale ( ricordiamo che Vieste è stata Diocesi a parte fino agli inizi del 1980, anche se retta dal Vescovo di Manfredonia) .Monsignor Ruggieri fu una figura imponente  per preparazione culturale e formazione ascetica.Proprio per la sua elevata cultura ha ricoperto anche cariche di prestigio  in campo civile.  Egli ha guidato la chiesa viestana con la  competenza del maestro e del pastore. Era bonario e allo stesso tempo un po’ burbero. Ma il suo carattere severo fu utile per potersi guadagnare la stima di tutto il popolo viestano che lo temeva e lo amava allo stesso modo. Nacque a Vieste il 30 novembre 1879 e mori il 3 marzo 1963, vivendo il periodo  drammatico della storia del mondo e dell’Italia con le due grandi guerre mondiali. Proprio per la sua attenta presenza, il popolo ha vissuto in relativa tranquillità con il conforto della fede che egli deponeva sempre ai piedi della Madonna di Merino.Amava spesso fermarsi nella pubblica via di Corso Lorenzo Fazzini, dove gli era più facile incontrare la gente che da lui sentiva il bisogno di ascoltare una buona parola. A monsignor Ruggieri successe don Domenico Desimio, altra grande figura sacerdotale. Nato a Vieste il 30 marzo 1911, è morto l’8 agosto 1994. Don Domenico  fu arcidiacono del Capitolo e Vicario Generale. Scherzoso e severo nello tesso tempo. Una voce forte per la quale non c'era bisogno di nessun microfono per farsi sentire dai fedeli che partecipavano alla novena di Santa Maria. Con Don Domenico non possiamo non ricordare anche Don Marco della Malva. Nato il 3 maggio 1927 e ordinato sacerdote il 15 agosto 1950.Non fu mai Parroco,nè ebbe particolari incarichi da svolgersi nella Cattedrale, se non occasioni forse rare di celebrare la novena. Dedicò gran parte della sua vita alla ricerca. Fu storico locale apprezzato. Ha svolto molti compiti ministeriali nel paese. Morì il 29 gennaio 1992. Sacerdote di elevata cultura, ricercatore e scrittore del nostro territorio ( di lui si ricordano almeno tre libri diffusi nel territorio viestano e fuori, )

Don Mario dell’Erba,fu arciprete e parroco della Cattedrale per lungo tempo, nacque a Vieste il 15 settembre 1919, e morì improvvisamente tra la notte del 30 e il’1 maggio 1977. Il 30 aprile era in Cattedrale per deporre  la Madonna al trono. Figura straordinaria e indimenticabile per  dottrina e per le sue omelie.  Ha infuso la grande devozione alla Madonna di Merino, di cui si firmava schiavo e che salutava con la sigla ARM = Ave Regina Marinense. Fautore principale del primo restauro della cattedrale, avvenuto negli anni 70-80, che ha dato una successiva ed importante svolta al nostro Tempio, forse dimenticato ed a rischio di crollo, per poi essere elevato a dignità di Basilica  minore per interessamento del compianto monsignor Valentino Vailati nostro arcivescovo. Molti altri sacerdotI hanno operato a Vieste in quel periodo e non possiamo certamente dimenticare Mons Francesco Jannoli, tutt'ora vivente, che per la festa di Santa Maria spendeva il suo coraggio e la sua timidezza insieme.Mai un attimo di distacco con la gente ma solo sorrisi e battute spiritose. Vieste ha goduto sempre di tante vocazioni  diocesane e religiose. Ci auguriamo che dopo un lungo periodo di flessione le vocazioni viestane tornino a crescere e a dare esempi di tanta bontà e rettitudine.

IMG-20171110-WA0008.jpgQuando noi ragazzi andavamo alla scuola elementare con la cartella a tracolla ed in tasca una mela o una arancia per merenda, tra illusioni di gloria e di certezza che da grandi avremmo certamente realizzato tante cose scritte nel libro del nostro futuro, pensavamo di essere noi al centro di tutto , invece era il tempo a tracciare il cammino. Si cresceva nella ingenuità e spensieratezza, in un tempo che sorrideva un po’ perche eravamo quasi tutti economicamente poveri, dopo che a causa della grande guerra, cessata da poco, gli italiani leccavano ancora le proprie ferite. Ma si guardava fieri a quel domani lussureggiante e felice in cui tutti credevano e verso cui tutti, cercavamo di rialzarsi nonostante i lutti e distruzioni che tante famiglie avevano subito..

Il tempo è passato e di quelle gioie restano i ricordi. Era proprio nel periodo della spensieratezza e del rialzo economico che il Comitato di Santa Maria, (allora personaggio di rilievo Mincuccio Lucatelli),riusciva a organizzare feste di grosso calibro, potendo invitare personaggi di grosso calibro. E venne l’occasione propizia per poter applaudire il “Reuccio della canzone italiana”: Claudio Villa in persona. Un evento che sconvolse la monotonia delle precedenti feste non sempre riuscite. Mancare all’appuntamento con questo celebre cantante, amato ancora oggi dai nostalgici, grazie anche alle interpretazioni della figlia Manuela, avrebbe avuto lo stesso valore di un oltraggio verso un nome famoso e verso chi aveva organizzato l’evento.

Ad una piazza Vittorio Emanuele stracolma, fece da contrasto la numerosa presenza di spettatori,molti dei quali, non potendo entrare nella piazza per la grossa affluenza, preferì farsi ospitare dai proprietari degli appartamenti i cui balconi menano ancora sulla piazza. Oppure vollero attendere ore interminabili sulle terrazze dopo essere arrivati li chissà con quali espedienti. Claudio Villa fece il suo esordio e cantò le canzoni più celebri e famose del proprio repertorio. Allora non era come oggi . Solo sporadicamente era possibile avere l’orchestra. Per questo non era neanche necessario smantellare la cassa armonica, sufficientemente ampia per accogliere gli ospiti. La musica spesso era già registrata e qualche volta si cantava anche in playbak. Ma il Viestano sapeva facilmente accontentarsi. Gli applausi furono scroscianti e la presenza del cantante aveva appagato in toto le attese .La pioggia dei fuochi artificiali sulla marina piccola diede il fine alla festa, e ai rumori dei botti si confondevano quelli delle giostre allocate dietro “u riand”, in uno stravagante mescolio di luci, musiche e schiamazzi.

Se Claudio Villa fosse ancora vivo canterebbe ancora i brani e i ritornelli, e canterebbe ancora, “addio anni di gioventù, perché non ritornate più?”

Ma forse è meglio tacer le memorie per riporre i sogni in un cassetto da aprire quando se ne sente il bisogno.

(Bartolo Baldi.)

FESTA DI SANTA MARIA 1919.UNA BRUTTA PAGINA DI STORIA VIESTANA

 

12921140_1790249631197277_1541292740_n.jpgEra appena trascorsa la festa di Santa Maria del 1919. Nella Cattedrale di Vieste, con l’autorizzazione dell’allora Ispettorato ai Monumenti Nazionali,  la statua della Madonna fu rimossa dalla nicchia e venne collocata in una delle cappelle laterali per alcuni interventi di restauro, mentre l’oro votivo fu custodito in un’apposita cassa.

Ma tali “movimenti” diffusero fra la popolazione l’opinione che la statua e gli ex voto sarebbero stati «trafugati» da Mons. Pasquale Gagliardi Arcivescovo di Manfredonia e Vieste, che, in quei giorni, si trovava nella nostra città per predicare durante il mese mariano. Nella sera del 15 maggio uomini, donne e giovanetti facinorosi si presentarono in chiesa, minacciando il Vescovo con gravi epiteti verso la sua persona. Verso il suo operato la storia locale ricorda una delle vicende più scabrose ed indecorose provocate dal fanatismo e dalla ignoranza dei tempi.La ingenuità dei viestani, pressata da un disegno isterico, scese a compromessi di profanazione verso il Presule, legata solo alla presupposizione e alla maldicenza di taluni e non tenendo conto che già era stato annunciato che la Madonna sarebbe stata spostata dalla sua cappella dopo le feste di Santa Maria per poter permettere un intervento di restauro. La statua versava in condizioni di estremo bisogno. Quello che accadde lo ricorda bene chi ha vissuto la storia degli inizi del secolo scorso. il Vescovo Gagliardi da questo episodio usci sconfitto ma nello stesso tempo vincitore perché, dopo aver capito in quale malinteso erano caduti, molti viestani chiesero perdono..

Monsignor Gagliardi nacque l'8 dicembre 1859 a Tricarico, piccolo comune dell'allora distretto di Matera, appartenente all’epoca al Regno delle Due Sicilie, nonché sedemons-pasquale-gagliardi.jpg vescovile suffraganea dell'arcidiocesi di Acerenza e Matera,

Entro’ nel seminario diocesano venendo ordinato sacerdote il 22 dicembre 1883 per essere successivamente nominato rettore del Seminario arcivescovile e del Santuario di Maria Santissima delle Grazie, una delle più importanti chiese della città di Benevento.

Ricopre tale incarico fino al 1897. Viene promosso da Leone XIII, nel concistoro segreto del 19 aprile, a soli 37 anni, alla sede metropolitana di Manfredonia, cui è unita l'amministrazione perpetua della Diocesi di Vieste.

Il 1º ottobre 1929 rinunzia al governo pastorale dell'arcidiocesi di Manfredonia e Vieste e viene trasferito alla sede arcivescovile titolare di Lemno (Isola greca ?), tornando a vivere a Tricarico

Contemporaneamente alla sua rinunzia il milanese Alessandro Macchi, vescovo di Andria, diviene amministratore apostolico sede vacante di Manfredonia e Vieste, incarico che continua a ricoprire anche dopo la nomina, nel concistoro segreto del 30 giugno 1930, a vescovo di Como.

Esattamente un anno dopo, il 30 giugno 1931, Pio XI elegge un nuovo arcivescovo di Manfredonia ed amministratore perpetuo di Vieste nella persona di Andrea Cesarano, vicario generale del vicariato apostolico di Costantinopoli.

Muore a Tricarico a 82 anni, l'11 dicembre 1941. Sicuramente la vicenda viestana ha segnato per sempre l’ animo di questo Pastore non ben voluto ma probabilmente neanche ben capito

 

 

LA FESTA VISTA DAI VIESTANI

17.jpgOgni 9 Maggio i Viestani accompagnano il bellissimo simulacro della Madonna, Patrona della città, al santuario di Merino. Questo percorso che viene fatto secondo una tradizione secolare si può definire un vero e proprio cammino nella storia, nella cultura e nella religiosità di questo popolo. Tutto ha inizio fuori la millenaria cattedrale dove al mattino escono i santi che accompagnano la Madonna lungo le strade cittadine e ad aprire il corteo è San Giorgio, compatrono della città. Il santo spesso invocato contro il male, simboleggiato dal drago, che in questa terra per secoli significava terrore delle scorrerie turche, apre un lungo corteo come fosse un soldato che fa da scorta alla Regina della città, va dietro Sant’Antonio di Padova, dottore della Chiesa e taumaturgo, invocato contro le pestilenze insieme alla statua di San Giuseppe, padre della Chiesa, protettore degli artigiani invocato dai moribondi. Segue quella di San Francesco da Paola, patrono dei naviganti, e dell’Arcangelo Gabriele protettore dei messaggeri. Nell’ultima uscita gli Arcangeli Raffaele; invocato contro la cecità e come protettore dei giovani e San Michele protettore del Gargano e vincitore sul maligno. Sembra quasi che questa sfilata di santi si apra con un cavaliere di Dio e si chiuda con la schiera degli Arcangeli, dove il drago sconfitto viene posto all’inizio ed alla fine del corteo. In ultimo in una splendida portantina dorata la Madonna viene portata in processione con solennità. La Madonna nel tratto che va dalla chiesa Cattedrale alla scalinata di via Vesta,Vieste-Santa-Maria-di-Merino-058.jpg

sosta all’imbocco dell’antica piazza, ove si svolgeva nel Medioevo sotto le scalinate laterali della Cattedrale, il mercato; poi prosegue lungo Via Gregorio XIII, e all’altezza di via Diaz si ferma nei pressi di un portone che, anticamente, portava nella casa di un nostro concittadino che venne guarito da Celestino V durante la sua permanenza in Vieste nel 1296, alle spalle di questa era il negozio di Michele Cariglia, dove Monsignor Gagliardi si rifugiò per scampare al linciaggio che venne orchestrato ai suoi danni nel 1919, facendo girare la falsa notizia che voleva vendere la Madonna dopo il restauro, in questa occasione il vescovo fu preso incredibilmente a sassate e alcune pietre che entrarono nel negozio, finirono nella culla dove giaceva una bimba di pochi mesi che rimase miracolosamente illesa. La processione prosegue per Via Vesta (la strada del forno chiamata così perché c’erano i forni cittadini). In realtà la processione passava lungo il costone che collegava la via San Michele al Seggio e che oggi non esiste più a causa della caduta della falesia che distrusse molte abitazioni della Judeca in cui risiedeva una piccola comunità di Ebrei. La Madonna quindi costeggiava il mare e poi passava lungo la Piazza del Seggio, salutata dagli spari. La scalinata di Via Vesta veniva invece percorsa di sera lasciando libero il costone in cui i militari facevano la ronda notturna per sorvegliare il mare. In questa occasione Vieste si svuotava e la città restava in mano ai militari che in questo giorno applicavano pene esemplari per ogni reato commesso e per scoraggiare i malintenzionati che potevano arrivare anche dai paesi vicini. Per controllare questo flusso di persone allora i militari salutavano la Madonna con degli spari a salve, che in seguito furono sostituiti dai fuochi artificiali. Le strade la sera venivano illuminate da fiaccole, candele, lucerne e lumi poste sui mignali, sui davanzali e davanti i portoni per illuminare le strade, compito dei viestani rimasti in paese, preparare il tutto per accogliere la Madonna al suo rientro. Giunti a Corso Umberto I, famosa come la strada dei sarti, il corteo imboccava quello che era un corso principale della città, raggiungeva Piazza dei Mercantili dove erano ubicate le sedi dei mercanti che commerciavano via mare con la Dalmazia per poi passare lungo la strada dei mulini e raggiungere così la Piazza del Fosso. L’itinerario della processione nel passato terminava qui dopo che il corteo era passato lungo i confini dei rioni del centro abitato i cui nomi oggi li vediamo simbolicamente raffigurati nei soffitto dipinto della Cattedrale. Qui il popolo prendeva con sé la Madonna e la portava a spalla fino a Merino con lo sguardo rivolto al mare salutata dallo sparo dei fuochi a salve dai soldati che erano sulla Porta di Basso o di Mare ubicata all’uscita dal Fosso. Nel 1848 i vinattieri della città donarono alla Madonna la Cassa grande per solennizzare maggiormente il corteo processionale e, con l’espansione urbanistica di Vieste fuori le mura, il comitato feste, su volere del popolo fece erigere la Pietra Grande nel 1896 per favorire il cambio della Cassa e prolungare il tragitto processionale. L’odierna via Fazzini arricchisce ancora di più le vicende legate alla festa grande di Vieste IMG-20170510-WA0032.jpgcon avvenimenti verificatosi nel Novecento come la distruzione della statua di San Giorgio nel 1961 che avvenne a causa del maltempo oppure l’improvvisa rottura di un’asta della Cassa grande davanti al cantiere del Palazzo di Città ad inizio del secolo scorso. Il Popolo interpretò questo avvenimento come il volere della Madonna di continuare a sparare i fuochi come finora si era fatto e così si istituirono subito i fuochi artificiali sulla spiaggia di Marina Piccola. Nel frattempo l’illuminazione della festa si ampliò proprio su questa strada usando dei pali colorati a cui si appendevano dei festoni fatti di piante aromatiche muniti di lumi ad olio che, con l’avvento dell’energia elettrica diedero vita alle artistiche luminarie che ancora oggi ammiriamo. Come vediamo sono tanti i riti e le consuetudini che la vita moderna ha modificato ma questo corteo resta sempre una delle più belle pagine di questa festa in cui fondono folklore, devozione e cultura popolare.

Giorgio Olivieri e Anastasia Tatalo (Percorsi di Bellezza)

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L’ utilizzo della fascia tricolore in occasione delle manifestazioni ufficiali, come può essere la processione dei Santi Protettori, è praticato non soltanto da parte dei sindaci (o vicesindaci nella funzione di sindaco pro-tempore), ma è esteso anche a membri dell’Amministrazione delegati in rappresentanza. Durante le processioni della Madonna di Merino era antica consuetudine che venisse indossata anche la fascia (si desume di colore celeste) da parte di alcuni componenti  del Comitato.

Non conosciamo il significato preciso di questo simbolo,né tantomeno conosciamo le motivazioni che col tempo l’abbiamo fatto andare in disuso. Probabilmente si voleva evidenziare un preciso impegno pubblico o una carica istituzionale all’interno di questo gruppo spontaneo, nato senza fini di lucro personale. Anticamente non era possibile per tutti diventare un componente del Comitato di Santa Maria perchè era necessario innanzitutto avere il tempo a disposizione, e la grande maggioranza proveniva stanca dal lavoro nelle campagne o era impegnato in altri disparati tipi di lavoro. Inoltre chi era chiamato a far parte  della “Commissione di Santa Maria” quasi sempre  si distingueva per un titolo nobiliare, oppure apparteneva a determinate fasce sociali di elite. Forse era proprio per questo che si dotarono di una fascia che li contraddistingueva ancora di più in queste grandi occasioni.

La pratica odierna della vestizione con una fascia  di colore celeste è stata ripresa circa dieci anni fa. Ed è nel giorno della processione, e solo in tale occasione, che due componenti942206 10200225590417619 1265640429 n ricevono l’incarico da parte del Presidente del Comitato di “scortare” la Madonna indossando la fascia, sistemandosi ai lati del Simulacro,praticamente  insieme ai Carabinieri in grande uniforme. Tutti gli altri si sistemano dopo il gonfalone comunale e le Autorità Civili e militari,  immediatamente  prima dei ministranti e il Clero.

Il ripristino della fascia non ha nulla di religioso, ma è un gesto che ci piace proporre come ossequio rispettoso verso Santa Maria di Merino e verso tradizioni remote, di cui dovremmo essere tutti orgogliosi da non far tramontare mai.

Siamo nella convinzione che le proposte per il recupero di antiche usanze possono far diventare la processione sempre più bella nella fede, nella cultura , nell’arte e nella storia, e il ripristino della fascia o della antica divisa dei Vigili Urbani hanno centrato l’argomento.

Di questi ultimi ci informeremo e saremo pronti a raccontarlo.

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