027Qualche volta è bello confrontare la realtà attuale con quella del passato, e ti accorgi che non sempre la vivacità dei tempi moderni sono davvero un fatto positivo per l’uomo di oggi. Nei tempi attuali si vive spesso di orgoglio, di prevaricazione e di paura perché ti accorgi che nei tempi in cui l’ignoranza è stata superata si è diventati ignoranti di bontà, di ingenuità e di altruismo. Ma torniamo a noi.

La foto che proponiamo ritrae la festa di Santa Maria di Merino del 1951. Dunque era il tempo immediatamente successivo all’ultima guerra mondiale. L’uomo, l’italiano, il viestano, stava ancora “leccandosi le ferite “ per i tanti disagi,  lutti, macerie e malattie, che gli eventi bellici avevano provocato. Ma per la fede religiosa, e soprattutto per la nostra Madonna di Merino, non si lesinava niente e si era ricchi di bontà perché chi non poteva offrire nulla perché non aveva soldi, offriva qualche giornata di lavoro per racimolare qualcosa da poter donare, e che poi veniva venduto. Del resto era uno dei pochi giorni dell'anno in cui si mettevano da parte tutte   le sofferenze e i problemi perché bisognava  festeggiare la protettrice della città di Vieste e regina delle nostre famiglie. Erano altri tempi. E, nella   grande miseria, il paese diventava ricco di sfarzi. Tutto ciò lo possiamo notare osservando questa vecchia foto. Le “arcate” erano molto più belle di oggi. Riccamente lavorate e godibili di sera quanto di giorno, soprattutto nelle ore in cui  il sole metteva in risalto le decorazioni Forse le luci erano più soffuse e monotone delle attuali perché non esisteva il colore. C’era solo il bianco, che da una parte  impallidiva i visi e dall’altra illuminava le strade perché c’era tanta luce. Già, la luce. Ma quella vera era dettata dalla presenza di un calore umano che riempiva le strade, riempiva le chiese, riempiva il respiro della  gente impegnata nel fatidico “struscio” per farsi vedere sotto braccio alla fidanzata, ormai promessa sposa, o per far notare il nuovo vestito confezionato dal sarto più bravo di Vieste. Quella gente era la stessa che riempiva  le processioni. Oggi, seppure ancora molto sentita, la processione è diventata più vuota. Non vedi più   i tanti chierichetti assiepati in lunghissime fila di pargoli provenienti dalle tre parrocchie viestane: quella della Cattedrale (che soprannominavamo i "bavaglini") ,della Santa Croce ("le scamorze")e del Convento ( "le malombre") di cui ne facevo orgogliosamente parte.Le altre parrocchie non erano ancora nate. Ma non vedi più neanche il numero elevato di sacerdoti, perché le vocazioni sono fortemente diminuite e i preti più anziani sono morti o sono malati.

La vecchia foto giace sul tavolo. Ho deciso che la lascerò cosi’, avrò un motivo in più  per  potermi confrontare ancora su un sentimento passato che, probabilmente, non tornerà mai più. (B.B.)

JSN Mico template designed by JoomlaShine.com