.11267736 10205575878169402 8630863987276726638 nSe il 9 maggio un satellite potesse captare i pensieri dei Viestani sparsi per il mondo, i contatti sarebbero innumerevoli: l’unico pensiero che ricorre in questa giornata è rivolto alla festa di S.. Maria di Merino, la festa grande di Vieste, nella quale fede e tradizione  s’intrecciano in un particolare connubio.

È tutta bella e singolare la nostra festa patronale. Ma tra le tante occasioni devozionali, spicca la processione-pellegrinaggio a Merino. E’ qualcosa di unico quell’incedere dalla Cattedrale al Santuario, posto a circa sette chilometri dall’abitato. E’  un susseguirsi di emozioni, di attese, di riflessioni.

Tutto inizia di primo mattino. Dopo la celebrazione, di solito alle 7,15, della S. Messa officiata da Mons. Arcivescovo, la processione si compone pian piano. Ed ecco, allora, il primo stannarje (stendardo) dei quattro che rappresentano le altrettante congreghe di laici con i loro paramenti variopinti: è quello di S. Giorgio, di colore rosso che alla sommità ha un mazzo di fiori di campo. Lo stendardo procede a rilento verso via Duomo: ai lati della strada i confratelli e al centro il mazziere, uno dei superiori della congrega che disciplina sia la disposizione dei confratelli che quella del popolo che non deve assolu­tamente invadere il percorso processionale. Nella parte terminale, la statua equestre di S. Giorgio che, essendo patrono della Città, ha l’onore di aprire la processione della Protettrice. Come tutte le altre statue, è portata a spalla dai confratelli della congrega.

Segue la congrega di S. Antonio, con lo stendardo di colore giallo, con alla sommità il simbolico giglio. E una delle congreghe più numerose e organizzate. Segue la statua del Santo di Padova posto su una portantina diversa dalla altre. Anche questa congrega s’immette su via Duomo per dare spazio all’altra, quella del S. Rosario, stendardo celeste e croce in oro alla sommità. E questa la congrega che ha il privilegio di portare la cassa della Madonna, come diremo più avanti. Infine la congrega della SS. Trinità, stendardo di colore rosso vivo con rose alla sommità.

Tra una congrega e l’altra, ora solo i confratelli ma fino a qualche tempo fa anche i semplici cittadini devoti, portano le statue di S. Francesco da Paola, S. Giuseppe e degli Arcan­geli Raffaele. Michele,e Gabriele, precedute dalle bande musicali cittadine. Seguono, quindi, il gonfalone della Città con il Sindaco, la Giunta, consiglieri comunali e altre autorità civili e militari, e i rappresentanti del Comitato della festa. La croce capitolare apre la parte processionale del clero. L’incensiere con i chierichetti precedono i membri del Capi­tolo che indossano la classica mozzetta violacea, mentre al centro l’Arcivescovo con piviale bianco, affiancato da due diaconi, tiene tra le mani un reliquiario contenente due frammenti del velo e della veste che la tradizione vuole siano appartenute alla Vergine Maria.

Quando anche il Capitolo è su via Duomo, il suono della campane a gloria annuncia l’uscita della cassa di oro zecchino entro cui è racchiuso il simulacro della nostra Protettrice. Non c’è momento più bello di questo in tutta la processione: la scalinata della Cattedrale è come un fiume umano in piena su cui ondeggia la preziosa statua della Madonna. Il volto della Vergine, abbagliato dai raggi del sole, sembra cambiare espressione man mano che scende. Tra applausi, canti di gioia, pianti, implorazioni, rintocchi festosi comincia il lungo viaggio verso Merino.

Gianni Sollitto

JSN Mico template designed by JoomlaShine.com