DA SANTA MARIA DI MERINO  PER LO SCAMPATO PERICOLO NELLA TRAGEDIA DELL'ANDREA DORIA

 

Richieste di grazie o ringraziamenti a Santa Maria, in forma esplicita o segreta, ci sono state  e ci saranno a fiumane. Ma quella che la storia della marineria italiana riporta, sa veramente di miracoloso per due nostre concittadine. Nella sua tragicità, ci è piaciuto molto il racconto narrato dal nostro amico Franco Ruggieri ( che ringraziamo) e che riportiamo parzialmente di seguito.il-naufragio-dell-andrea-doria.jpg

Germina D’Onofrio (Papandonji) e Celestina Pagano (Str’sciott) sono le due viestane che si salvarono nel naufragio dell’Andrea Doria nella notte tra il 25 e 26 luglio 1956. A Vieste le notizie arrivavano via radio, ma erano scarse. Quando avvenne la tragedia il papà Giuseppe, calzolaio, era a Detroit e sua madre Antonietta Rinaldi a Vieste con tutti gli altri figli. Quando si ebbe la notizia che la maggior parte dei naufraghi fu tratta in salvo dalle navi che si prodigarono per il soccorso, Giuseppe si recò a New York e aspettò sul molo. L’attesa fu lunga in una confusione totale. Nel rivedere la figlia sana e salva Giuseppe fu colto da un grave infarto. In ospedale i medici avevano detto a Germina: “se avete parenti lontani chiamateli”! Avvisò la mamma Antonietta che non si perse d’animo e fece ciò che avrebbe fatto ogni donna viestana. Andò in Cattedrale per rendere grazie della salvezza di Germina e chiedere la grazia a Santa Maria di Merino per la guarigione di suo marito. Antonietta non ci andò da sola, ma fu accompagnata in processione da tutte le donne del quartiere dello Stradone e di Sopra la Torre. Poi fece i bagagli in tutta fretta e con un camion recuperato dal fratello Marco si recò a Napoli dove si imbarcò sulla prima nave in partenza con tutta la famiglia. Giuseppe guarì e continuò a fare il calzolaio a Detroit fino a tarda età.

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