UNO STEMMA CHE E' PROGRAMMA DI VITA
Domenico D’ambrosio nato a Peschici (FG) il 15 settembre 1941 fu ordinato sacerdote il 19 luglio 1965.
Venne eletto alla sede vescovile di Termoli - Larino il 14 dicembre 1989 e ordinato Vescovo il 6 gennaio 1990.
il 27 maggio 1999 fu promosso alla sede piu importante di Foggia – Bovino, per essere trasferito a Manfredonia - Vieste - San Giovanni Rotondo l'8 marzo 2003, dopo il trasferimento a Termoli del compianto Monsignor Vincenzo D’Addario il 16 aprile 2009. L’ultima tappa della sua missione arcivescovile è iniziata a Lecce Il 29 settembre 2017. Per sopraggiunti limiti di età ha definitivamente lasciato l’incarico a guida di una diocesi per dedicarsi comunque alla sua missione importante di Vescovo emerito nella sua e nostra diocesi di origine.
Monsignor D’Ambrosio non ha mai dimenticato la sua terra e in particolare non ha mai dimenticato Vieste, di cui si onora di essere cittadino onorario, e dimostrando sempre il suo attaccamento alla nostra citta e alla nostra chiesa tanto da non lasciarsi mai sfuggire l’occasione di essere presente ogni qual volta venga invitato.
Monsignor D’Ambrosio ha donato alla nostra città e in particolare alla nostra Protettrice Santa Maria di Merino il titolo di Santuario Diocesano alla chiesa a Lei dedicata. Inoltre si è fatto promotore per i restauri verso la sua effigie. Ma alla nostra chiesa locale, tra i tanti doni che non ci sono noti, ne ha fatto uno un pò particolare. Lo abbiamo scoperto per caso osservando alcuni stemmi antichi che sono affissi sul muro esterno del palazzo vescovile: la riproduzione del suo stemma.
Lo stemma di Mons. D’Ambrosio è di origine eucaristica e riprende la leggenda del pellicano nel deserto che si trafigge il costato per dar da mangiare ai suoi piccoli, come Cristo muore sulla croce per la salvezza dell’uomo. Monsignor D’Ambrosio è venuto in mezzo a noi con un obiettivo ben preciso, quello di essere testimone della fedeltà e della misericordia di Dio, come è indicato nello stesso motto episcopale: “misericors et fidelis”. Consapevole della grande responsabilità che gli è stata affidata, ha avuto sempre la certezza dell’aiuto della grazia divina.
Uno occasione che offriamo al viestano o al visitatore per ammirare quello di bello, di artistico e di antico che il nostro centro storico offre. Ci sono altri stemmi. Approfondiremo le nostre indagini per allargare le nostre conoscenze storiche.
Una riflessione di Don Giorgio Trotta nel suo Merino,il santuario, la festa
Il titolo ufficiale con cui, oggi, la Madonna è venerata a Vieste è quello della Purità. Così fin dal XVIII secolo. É un titolo inconsueto per la Madonna, anche se nel Gargano è presente in altra parte. Tra il popolo questo titolo non è molto conosciuto e usato. Teologicamente può essere un compendio dei titoli mariani. Nel titolo della Purità si sono voluti difatti raccogliere tutti i titoli di onore di Maria, dalla sua immacolata Concezione alla sua vita senza peccato, alla maternità divina. Purità è purezza, candore, immacolatezza, integrità morale e fisica. É libertà dal peccato e apertura totale, radicale a Dio. Maria SS.ma è così presentata anche come modello ed esempio di vita e di dedizione a Dio, assolvendo il suo compito di mediazione esemplare tra noi e Cristo, suo Figlio. - Primo rallegramento: dopo la breve e intensa introduzione, la preghiera diventa magnificat, il nostro magnificat, il magnificat della Chiesa a Maria. Il motivo di tanta esultanza è per la singolarissima Purità di spirito e di corpo della gran Vergine Madre. La purezza di spirito e di corpo rese Maria candido giglio in questo guasto e corrotto mondo e l'aprì alla maternità divina. - Secondo rallegramento: è motivato dal mistico candore di Maria che la rende superiore agli angeli e ad ogni creatura umana, preannunciata nella storia della salvezza da figure e parole profetiche. - Terzo rallegramento: nasce dall immacolata bellezza di Maria che le attirò lo sguardo della Trinità Beata, che la scelse per Sé ab aeterno: Figlia prediletta del Padre, Madre purissima del Verbo, Sposa castissima dello Spirito Santo, sorgente per noi di doni celesti. - La Preghiera: la novena si conclude con la preghiera che è dolce all'udito e ricca di sentimenti filiali e di abbandono. Maria è definita dolce speranza di questa Città, tutta consacrata e devota al suo tenerissimo culto. La ricorrenza annuale della festa è occasione per rinnovare festivi omaggi alla Vergine pura e per impetrare dalla Bontà Divina, tramite il patrocinio di Maria, grazie e favori spirituali e temporali. La prima di queste è l'allontanamento dei castighi meritati e poi la grazia di partecipare alla sua purità di spirito e santità di vita mediante la salvezza eterna. La preghiera della novena è una melodia di lode e la manifestazione di un bisogno profondo dell'anima: sentirsi protetti, amati, seguiti, salvati.
Se fosse stata una scommessa si potrebbe dire che sia stata sicuramente vinta. La lungimiranza del parroco di Gesu’ Buon Pastore, nuovo ma vecchio rettore della Chiesa di San Lorenzo, e del consiglio Pastorale, è andata oltre le attese. La notte di San Lorenzo è cominciata con la fiaccolata sulla spiaggia con tanti pellegrini che viaggiavano a ritroso rispetto alla fiaccolata della notte di Santa Maria di Merino, ma il paragone qui è superfluo. Tutti, con canto gioioso, hanno salito la collina di San Lorenzo per lodare Dio per la bella serata calda e ricca di stelle, dalla cui sommità si godeva di un panorama estremo di una Vieste ricchissima di luci che si posavano sul mare calmo, riflettendo la sua bellezza come non mai. La celebrazione della Santa Messa all’aperto davanti all’antica chiesa omonima (insufficiente a contenere il gran numero dei fedeli) è stata suggestiva e ricca di canti per lo più dedicati a Santa Maria di Merino, il cui riecheggiare riempiva la baia di san Lorenzo in un contrasto delicato con le varie discoteche che sono nei vari lidi e centri turistici.
Si è consumata cosi la grande serata che molti aspettavano con ansia in ricordo di quello che nei secoli era già la festa di San Lorenzo, e ripristinando una devozione particolare ripresa quasi dieci anni fa ma interrotta bruscamente. San Lorenzo e Santa Maria di Merino, cui la chiesa è particolarmente dedicata, hanno rivisto una devozione popolare in un modo inconsueto per la memoria dei viestani. Grazie questo in particolar modo al gruppo dei pellegrini di Santa Maria e all’Arcivescovo Franco Moscone che ha capito le necessità e il particolare attaccamento alle tradizioni e alla fede della nostra gente. Ma la chiesa di San Lorenzo, come ha ben sottolineato Franco Ruggieri, attivista di Italia Nostra e del WWF, non è solo antico romitaggio di cui si è alla ricerca di una storia interessante depositata in antichi manoscritti. Essa è anche passaggio di forme viventi preistoriche, di cui le impronte sono ben visibili sul lato sinistro della chiesa in una piccola spianata e di cui studiosi naturalisti stanno facendo accurate indagini …ma tutto ciò sarà svelato in un prossimo incontro che potrebbe essere anche molto vicino.
La serata si è conclusa ammirando le stelle ed ascoltando i canti garganici magistralmente eseguiti dal gruppo “pizzeche e muzzeche" di Vieste che hanno terminato la loro esibizione in un contesto già pienamente di festa ferragostana o, se vogliamo, della “Madonna d mizz d’agust”,
Auguri dunque a tutti i villeggianti ed auguri ai Viestani. Il periodo di ferie sia l'inizio di interessanti scoperte di cio' che Vieste possiede, ma per troppo tempo rimaste nascoste.
CONCLUSE LE CELEBRAZIONI IN ONORE DELLA MADONNA ASSUNTA IN CIELO
Un nuovo sole è sorto nel cielo di Vieste dopo la lunga giornata dedicata ai bagordi di ferragosto e alla più cristiana giornata dedicata alla Madonna Assunta in cielo. Un cielo che questa mattina si è rivelato turchino, sgombro di nuvole e con temperature molto più piacevoli rispetto alle passate giornate. In tale modo la cattedrale si è trasformata in una eco di canti dedicati a Santa Maria di Merino ,che in questi giorni abbiamo venerato sotto il titolo dell’Assunta,dopo un novenario certamente non frequentato alla stessa tregua del mese di maggio, ma con una presenza giornaliera confortante,e che oggi ha concluso tutte le celebrazioni del 2019 dedicate al simulacro mariano più importante di Vieste e della sua stessa storia.
Anche quest’anno Maria Santissima di Merino è passata tra i suoi figli per assicurare la sua presenza e la sua protezione tramite il proprio “manto odoroso”.La Madonna è vista come la Madre e la serva umile. Infatti fin dall’apparizione dell’Angelo che le comunicava che sarebbe diventata la Madre di Dio, ha subito risposto il suo “si” ad essere la serva di Cristo, ovvero lo strumento di Dio, rimanendo in umiltà e riconoscendone la sua grandezza, come ha sottolineato il celebrante. Ogni volta che la nostra statua di Maria Merino torna nella sua cappella, tornano sicuramente alla mente le tante preoccupazioni che avvolge il nostro essere e sempre questa piccola, ma grande cerimonia, lascia un velo di tristezza che fa porre al fedele viestano la stessa domanda“ ma tu, che ci fai in questa cappella?” Una domanda che nel contempo è una affermazione per dire a Santa Maria che il suo popolo la ama e che non è possibile che Ella rimanga chiusa da un vetro nella sua artistica “casa”, considerato che non esiste casa viestana o viestano sparso nel mondo che non abbia una sua immagine alla quale ogni giorno si rivolge per chiedere” grazie e favori”.
Si è chiuso dunque il quadro religioso del 2019. Un anno di cui abbiamo già trascorso più della metà e verso il quale, dopo la pausa estiva anche essa verso il suo epilogo,ci apprestiamo a vivere con relativa calma e probabilmente più stanchezza. Verrà l’autunno e poi l’inverno e saranno tante le occasioni in cui dovremo poter riflettere sulla nostra fede, sulla nostra vita, sulla nostro futuro troppe volte carico di incertezze.
Affidiamoci dunque alla mano benedicente e allo sguardo di Santa Maria di Merino. Le nostre preoccupazioni sicuramente saranno affievolite dal suo tenero amore.
Durante la celebrazione delle novene alla Madonna Assunta in cielo, ci ha incuriosito la presenza di una iscrizione posta ai lati dell’antico altare della cattedrale. Questo in origine non era proprio come lo vediamo oggi, ma molto più solenne e stentiamo a capire perché durante i primi restauri radicali della chiesa (era la fine degli anni ‘70), si è deciso di “ridurre” questo altare. Capiamo che in parte annullava l’esposizione solenne del retrostante coro ligneo ma, secondo noi, con i dovuti accorgimenti, si sarebbe potuto salvare un altare riccamente lavorato senza ledere la visione di quello che appariva alle spalle di questo. Ma torniamo a noi. Sotto l’altare dunque è visibile una scritta dedicata a Giuseppe Marruca, Chi era costui?. Ben poco si sa di questo vescovo.Sicuramente nei tempi antichi ha dato la propria impronta per la ricostruzione del tempio. più volte ditrutto e rimaneggiato. Abbiamo fatto qualche ricerca dalla quale è scaturito ben poco. Però sottoponiamo all’attenzione dei lettori quanto emerso. Il compianto don Marco della Malva ci ricorda che la diocesi di Vieste fu opera di bizantini “per cattivarsi la benevolenza delle popolazioni e per sentirsele vicine nella lotta contro i longobardi o altri possibili invasori”. Nelle prime Comunità cristiane il vescovo veniva eletto da tutti i fedeli, successivamente era nominato dal clero e poi consacrato dal papa. La cattedrale di Vieste, risalente al X secolo, fu restaurata una prima volta nel XIII secolo all’epoca di Federico II; rimaneggiata in più occasioni a causa di frequenti terremoti, fu ricostruita nel Settecento all’epoca dei vescovi Nicola Cimaglia e Giuseppe Marruca. Con la bolla “De utiliori” di papa Pio VII del 27 giugno 1818 la diocesi di Vieste fu data in amministrazione perpetua agli arcivescovi di Manfredonia. Ai canonici della cattedrale di Vieste fu concesso di eleggere un proprio vicario capitolare ad ogni nuovo arcivescovo amministratore. Il 29 settembre 1933 l’arcidiocesi di Manfredonia e la diocesi di Vieste entrarono a far parte della regione ecclesiastica beneventana fino al 1976, quando le diocesi della Capitanata furono annesse alla regione ecclesiastica della Puglia, situazione che è tutt’oggi in vigore. Quanto questo Vescovo abbia potuto realizzare nella nostra Diocesi probabilmente sarà difficile saperlo, ma in quei tempi la storia ci narra solo di povertà e di pochi interessi a trascrivere quanto accaduto. Dovremo accontentarci delle scarse notizie trascritte quà e là sulle pietre presenti, le uniche a raccontarci una storia.